venerdì 28 febbraio 2014

IL TEMPO, LA SCUOLA E LE PALLINE DI COCCO

Una volta ero capace di scrivere post al volo. Ritornando indietro nel tempo, e ormai ne è passato parecchio, le parole aumentano e le immagini spariscono.
Mi bastava quel poco tempo rubato qua e là per scrivere di qualche scemenza fatta dal Patasgnaffo di turno, allora tra l'altro eran solo due. Niente di che, piccole facezie che era divertente romanzare un po'. Perché la vita bisogna saperla vivere, ma i ricordi è bello indorarli sempre un pochino, poiché anche il tempo passato fa di noi ciò che siamo, e se sembra più bello diventiamo più belli anche noi.
Poi però ho iniziato a vedere il mondo anche in tre terzi, vedendo foto dove ancora non c'erano. Di chi sia stata la colpa non so, forse delle digitali, facili ed immediate, per un'incompetente, pigra e impaziente quale io sono, una manna dal cielo. E' stata colpa di Casa Facile, che mi ha spinto a fotografare non solo i piedini dei bambini, quelli belli e cicciottosi da mordere, ma anche quelli dei divani....e vi assicuro anche lì ce ne sono alcuni così belli che mi verrebbe voglia di morderli. La mazzata finale è stata poi Instagram;  c'è chi parla ormai di patologia, ma se io son malata, son contenta così, mi godo gli istanti anche se li fotografo.
Fatto sta che scrivere un post è diventato più laborioso, perché le immagini, più delle parole, necessitano di cure, che ancorché minime portano via tempo. Tempo, quella cose che mi sfugge come sabbia tra le dita, che come vento impetuoso fa scorrer via i miei pensieri, come nuvole in un cielo mutevole, belle da guardare ma talvolta inafferrabili.
E allora finisce che  scrivo meno, ma oggi mi viene così, di fare una ratatouille di post non scritti, per sentirmi meno in affanno, per chiaccherare un po'. Certo avrei da finire i vestiti di carnevale, ma magari ci pensano i topolini, non si sa mai (posto che non se li siano mangiati tutti i patagatti).
Dopo un lungo inverno di pioggia, con gli occhi alzati per cercare un'arcobaleno, che in assenza di sole nicchiava ad uscire, son riuscita finalmente a trovare una parrucchiera che mi facesse i capelli multicolore. Io avrei osato anche di più, ma per ora mi accontento e cerco di non pensare che sia solo una crisi di mezza età.
Ovviamente anche le bambine hanno voluto un po' di colore, e anche se ci abbiamo messo due settimane, driblando tra impegni e malattie sparse qua e là, finalmente Patagnoma ha avuto la sua ciocca viola e Patasgnaffa anche una "fussia". Patasgurzo povero non solo è ancora biondo ma vorrebbe anche sfrondar la chioma, non si sa mai che domani ci riusciamo.
Ecco, parlando di lui, è finalmente senza gesso. Padroneggia il suo nuovo cellulare, forse anche troppo, ma è riuscito ad organizzare un torneo di subuteo, che vuol dire tre giornate con cinque bambini diversi (sì, son pronta per la beatificazione), tutto da solo, senza che io dovessi fare una telefonata. E questo mi ha reso molto felice. Un po' meno felice è stato sentirmi rimproverare di vestirlo troppo colorato, ma in fondo sapevo che prima o poi sarebbe dovuto succedere.
Adesso che son partita non mi fermerei più, avrei da raccontarvi che i due grandi hanno trovato almeno un gioco da fare insieme e che le due piccole hanno iniziato a litigare un po'. Potrei parlarvi di merende, pomeriggi pigri e finalmente giornate di sole. Vorrei raccontarvi dei miei zoccoli nuovi, ma su quello vorrei addirittura fare un post.



Magari rallento e comincio a scrivere quello per cui mi sono messa al computer, con le mani lisce e profumate di biscotto.
La storia potrebbe essere lunghina, perché inizia almeno sette anni fa con la cara Gelmini che ha iniziato a smembrare la nostra povera scuola. E così le maestre si sono trovate sempre più in affanno, con nuvole da rincorrere più nere e veloci delle mie.
Allora ha cominciato Nonnami, a regalare parte del suo tempo e insegnare un po' d'arte. E' andato Patapà a parlar di terremoti. E poi sono arrivata io, quella che fa tutto, ma non è specialista in nulla.
Sono stati laboratori con lana, feltro, carta, pasta di pane, ricicli vari. Piccole meraviglie nella loro sbalorditiva imperfezione.




Oggi ho letto un libro, stando dietro la cattedra, la qual cosa, devo essere sincera, mi ha emozionata un po'.
E poi sono stata in cucina a fare palline di cocco, ecco perché le mie mani sono lisce e profumate di biscotti (il vero motivo è che il sapone della scuola è talmente diluito che non lava via nulla, ma sta volta va bene così).
In cucina ci tornerò ancora, abbiamo grandi progetti, e la mia intenzione è riportarvi poi la ricetta eseguita, così, anche giusto per ottimizzare e conciliare un po' tutti gli aspetti di questa giroscopica vita.
Dedico volentieri il mio tempo alla scuola perché trovo che sia importante imparare a far le cose con le mani, soprattutto in un mondo che tende sempre più al virtuale. Perché i bambini per imparare hanno bisogno anche di divertirsi e di staccare un po'. Perché a una richiesta di aiuto, ancorché implicita, non so di di no. E soprattutto per guadagnarmi l'incredibile privilegio di vedere i miei figli a scuola. Di conoscere ognuno di loro compagni. E se questo vi sembra poco...





PALLINE DI COCCO

Prendete 100 gr di biscotti, magari anche qualcosina in più perchè durante la lotta qualcosa potrebbe andar perso. Rompeteli a pezzetti e adagiateli su uno strofinaccio. Richiudetelo, serrate i pugni e sfogate la vostra rabbia (da qualche parte c'è, anche se piccola, trovatela e fatela sparire). Probabilmente dovrete finire con il mattarello. Sicuramente avreste fatto prima con un robot da cucina, ma così è più divertente e poi non è che la cucina della scuola sia attrezzata come quella di Masterchef.
Ai biscotti sbriciolati aggiungere due cucchiai di zucchero, un cucchiaio e mezzo di cacao e 50 grammi di farina di cocco. Mescolate bene e poi aggiungete 50 grammi di burro fuso e un uovo. Se siete maggiorenni anche un cucchiaio di rhum.
Prendete ora il composto e strizzolandolo bene, senza scoraggiarvi per lo sbriciolamento iniziale, formate delle piccole palline. Ne vengono 33, ne sono scura, perchè lavorando con tre gruppi diversi è sempre venuto lo stesso numero di palline. Questa è scienza signori miei.
Passate le palline nella farina di cocco e mettetele nel frigo. Non so per quanto perchè io poi me ne sono andata da scuola!


domenica 16 febbraio 2014

UNA FAMIGLIA A PEZZI

Gli ultimi week-end la nostra famiglia è andata letteralmente a pezzi.
La prima ad andarsene è stata Patasgnaffa, salita sulla macchina di Nonnafi e sparita dal radar per più di ventiquattro ore.
La seconda è stata Patagnoma, salita sulla macchina gialla di nonnaMi.
Quella sera la ormai snella famiglia si è recata fuori a cena da amici. Nessun bambino sotto i nove anni, sei adulti seduti a tavola, aperitivo in salotto, chiacchiere con per sottofondo il silenzio.
Il giorno seguente la Patagnoma è stata liberata, ma in cambio è stato preso Patasgurzo.
La famiglia, più snella per peso ma non per chiasso si è recata a mediare il rilascio di Patasgnaffa. Scenario opposto alla sera precedente, nessun bambino sopra i sette e la maggior parte sotto i tre.
Tentativi di aperitivo, in salotto a raccogliere giochi, una cena con chiacchiere urlate per sovrastare il caos circostante. Detta così non sembra un granché, ma fidatevi, è stato divertente. Perché se nella confusione ci sono persone speciali va bene lo stesso.
La domenica dovevamo rientrare in possesso di Patasgurzo, che però ha scelto l'esilio volontario da Nonnami. Chissà perché!
Il fine settimana successivo ad essere abbandonate per prime sono state le due giovani fanciulle. Il biondo giovane è stato portato fino a Milano, ma poi è stato lasciato a tradimento (non è vero) mentre i due genitori si abbandonavano a vicenda per farsi ognuno gli affari suoi.
Una famiglia snellissima, ma ogni tanto ci vuole. La sera poi i due patagenitori l'hanno passata insieme però, non preoccupatevi.
La domenica a pranzo con altri amici, nessun bambino sotto i dieci anni, credo, perché praticamente io non ho visto nessuno. Poi io me ne sono andata per i fatti miei e i signori uomini alla partita di Basket.
La famiglia si è riunita solo a sera inoltrata.
Questo fine settimana è iniziato con l'abbandono delle bambine per andare a cena da amici. Nessuno sotto gli undici anni, di meglio non possiamo sperare per ora, aperitivo in salotto e chiacchiere con per sottofondo lontane risate.
Poi però siamo stati tutti insieme, con piccole brevi defezioni, ed è stato ancora più bello.
Tutto questo lunghissimo post per dirvi che nel mio tempo libero di domenica scorsa sono andata all'Ikea, dando prova di ormai conclamato squilibrio mentale, per accaparrarmi qualche pezzo della collezione Bråkig. Temevo di restare l'unica blogger al mondo ad esserne sprovvista e stavo iniziando a preoccuparmi.


Ora sappiate che sono più tranquilla.


mercoledì 5 febbraio 2014

LA FATA SMEMORINA

La fata del dentino che bazzica da queste parti deve essere strettamente imparentata con la fata Smemorina. O con me d'altronde.
La maggior parte delle volte si dimentica di passare, la salva in corner spesso Patapà, ma ancor più spesso viene narrato di come sia impegnatissima, di come il topo che le fa da cavallo si sia rotto una zampa, di come ci fosse stato un ballo proprio in quella sera. Credo che Patasgurzo si sia rassegnato ad avere una madre, hem una fata, decisamente stordita, già dal terzo dente.
Patasgnaffa è ancora piena di fiducia anche se l'obolo è stato versato solo per il suo primo dente, da Patapà.
Il suo secondo dente è stato per sei mesi in cucina, in una scatolina, che se non viene messa vicino al letto non vale, si sa.
Ogni tanto lei se ne è ricordata, ma non l'ha mai messa dove avrebbe dovuto. Io tantomeno.
Per fortuna perché questa sera tutta questa sbadataggine mi ha salvato la vita (si fa per dire ovviamente).
Erano giorni che il terzo dente di Patasgnaffa (li perde con una lentezza esasperante, temo che al suo diciottesimo sfoggerà ancora una finestra da qualche parte) dondolava pericolosamente, facendola sembrare una piccola befana. Ma non cadeva e io non ho certo il coraggio di intervenire in certi casi.
Questa sera ero sola con i bambini, un via vai al tavolo, prima le mani di uno poi quelle dell'altra, poi il ciuccio che non si trovava. Tra una assenza e l'altra, davanti a un piatto di spaghetti con le polpette (ero sola, piatto unico ovvio) il grido di Patasgnaffa e il suo sorriso sdentato grondante di sangue.
Ogni volta mi viene un colpo, non ci posso fare niente. Subito cerca il suo dente. Non si trova. Distrattamente le dico che potrebbe averlo ingoiato. L'avessi mai fatto, Patasgurzo grida allo schifo lei scoppia a piangere, la bocca ancora insanguinata.


Cerco di calmarla e capisco che non le fa impressione averlo mangiato, ma che teme che la fata del dentino non verrà. Le dico che è una sciocchezza che la fata non ha bisogno di prove, che magari ha già nascosto i soldi da qualche parte.
Creando un diversivo sono corsa al portafogli, ma c'erano solo 20 euro, un po' troppi per un dente, anche per due.
Ho ricominciato a cercare in quel marasma che è la mia cucina, ho trovato un seme di limone e per un attimo ho pensato di spacciarglielo per il dente. Poi ho avuto una folgorazione, ho preso la scatolina con il dente numero due e l'ho buttato sul tavolo.Ho urlato di averlo trovato e lei ha gridato di gioia, anche se quando l'ha preso subito ha chiesto perché fosse così pulito...neanche fosse cresciuta a pane e C.S.I.
Ovviamente riesco a trovare solo pezzi da venti....mi sa che la fatina rimarrà bloccata dalla pioggia!